Contratti di lavoro

Quali tipologie di contratti dio lavoro esistono?

Nel mondo del lavoro esistono diversi tipi di contratto di lavoro, ognuno con caratteristiche che li distinguono gli uni dagli altri.

I tre principali tipi di contratti di lavoro sono: il contratto di lavoro subordinato, parasubordinato ed autonomo.

Lavoro subordinato

Il contratto di lavoro subordinato si basa su un principio fondamentale: il lavoratore si impegna a prestare la propria attività alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto, il datore di lavoro, in cambio di una retribuzione. Questa relazione è caratterizzata da una subordinazione giuridica, ovvero dall’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore.

All’interno del lavoro subordinato rientrano diverse tipologie contrattuali, disciplinate principalmente dal D.lgs. n. 81/2015, tra cui:

  • Il lavoro dipendente a tempo indeterminato, forma più stabile di impiego;
  • Il contratto a tempo determinato, per esigenze temporanee;
  • Il lavoro a tempo parziale, con orario ridotto rispetto al tempo pieno;
  • Il contratto di apprendistato, che combina formazione e lavoro;
  • Il contratto intermittente, attivabile solo in caso di effettiva necessità;
  • Il contratto di somministrazione, che coinvolge un’agenzia intermedia.

Ma quali sono gli elementi che consentono di riconoscere un rapporto di lavoro subordinato, i cosiddetti “indici della subordinazione”?

  • Assoggettamento al potere del datore di lavoro: il lavoratore è tenuto a rispettare le direttive e l’organizzazione imposta dal datore, che esercita un controllo costante sull’attività svolta.
  • Retribuzione corrisposta con regolarità: il lavoratore riceve una retribuzione mensile, fissa o variabile, tramite busta paga. L’importo minimo è stabilito dal contratto collettivo nazionale di riferimento.
  • Prestazione lavorativa “di mezzo”: l’obbligazione del lavoratore consiste nello svolgere le mansioni assegnate con diligenza, senza dover necessariamente garantire un risultato finale specifico. Conta quindi l’impegno, non l’esito.
  • Dovere di diligenza e fedeltà: il lavoratore è tenuto a eseguire le proprie attività con attenzione e nel rispetto degli interessi del datore di lavoro, evitando comportamenti lesivi o in conflitto con l’azienda.
  • Osservanza di un orario di lavoro: l’attività viene svolta secondo un orario prestabilito – giornaliero, settimanale o mensile – determinato dalla contrattazione collettiva e dall’organizzazione interna dell’azienda.

Lavoro parasubordinato

Il lavoro parasubordinato rappresenta una forma contrattuale intermedia, situata a metà strada tra il lavoro subordinato e quello autonomo. Si tratta di collaborazioni continuative e coordinate, che pur non prevedendo un vincolo di subordinazione, si svolgono all’interno di un’organizzazione definita dal committente.

In questo tipo di rapporto si distinguono chiaramente due figure:

  • il collaboratore, che si impegna a svolgere un’attività lavorativa;
  • il committente, che beneficia del risultato di tale attività.

Il solo fatto di utilizzare termini come committente e collaboratore fa già intuire che si tratta di un rapporto più vicino al lavoro autonomo: il collaboratore opera infatti senza essere sottoposto alle direttive quotidiane tipiche della subordinazione. Tuttavia, il lavoro parasubordinato conserva alcuni tratti propri del lavoro dipendente, primo tra tutti il coordinamento con la struttura organizzativa del committente, che può influenzare tempi, modalità o finalità della prestazione.

Alla base di questa forma contrattuale ritroviamo tre elementi chiave:

  • un accordo consensuale tra le parti;
  • l’autonomia operativa del collaboratore;
  • il coordinamento, più o meno stabile, da parte del committente.

Il collaboratore, pur operando in autonomia, si impegna a svolgere un servizio o a realizzare un’opera in favore del committente, in modo analogo a quanto avviene nei rapporti di lavoro autonomo. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, il lavoratore parasubordinato gode di alcune tutele assimilabili a quelle riconosciute al lavoro subordinato, soprattutto in materia previdenziale e assistenziale.

Fa parte dei contratti parasubordinato il co.co.co (Collaborazione Coordinata Continuativa), a condizione che mantenga le sue caratteristiche distintive. Tra queste, si segnalano:

  • la possibilità per il collaboratore di utilizzare strumenti o mezzi messi a disposizione dal committente;
  • l’utilizzo di sedi aziendali o altri spazi forniti dal committente per lo svolgimento della prestazione;
  • l’assenza di obblighi in merito al rispetto di orari di lavoro prefissati, così come la libertà di non dover giustificare eventuali assenze.

Lavoro autonomo

Il lavoro autonomo è una forma di attività lavorativa svolta da chi si obbliga a realizzare un’opera o a fornire un servizio in modo indipendente, cioè senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
La persona che esercita un’attività autonoma opera per conto proprio, assumendosi in pieno i rischi della prestazione e organizzando liberamente tempi, strumenti e modalità di lavoro. Il rapporto con il committente si basa su un accordo tra pari, dove l’unico obbligo è il raggiungimento del risultato pattuito, a fronte di un corrispettivo economico.

Chi esercita in modo abituale, continuativo e professionale un’attività autonoma (come un consulente, un libero professionista o un artigiano) deve aprire una Partita IVA.
Questo implica l’iscrizione presso:

  • l’Agenzia delle Entrate (per la posizione fiscale),
  • l’INPS (per la contribuzione previdenziale),
  • eventualmente un albo professionale (per alcune attività regolamentate, come avvocati, architetti, medici, ecc.).

Caratteristiche principali:

  • attività svolta con continuità nel tempo;
  • obbligo di emissione di fattura;
  • adempimenti fiscali e contributivi regolari (IVA, imposte, dichiarazione dei redditi, ecc.);
  • iscrizione alla Gestione Separata INPS o a una cassa previdenziale di categoria.

2. Lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo può anche essere svolto in modo sporadico e non abituale, attraverso prestazioni occasionali, ovvero episodiche e senza continuità.
In questo caso non è necessaria l’apertura della Partita IVA, ma:

  • è richiesto il rispetto di alcuni limiti economici (es. compensi annuali inferiori a 5.000 euro lordi con lo stesso committente, per evitare l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS);
  • è necessario rilasciare una ricevuta per prestazione occasionale, con ritenuta d’acconto se il committente è un soggetto con partita IVA;
  • la prestazione non può avere elementi di continuità, organizzazione propria, o assomigliare a un lavoro subordinato (es. orari fissi, obblighi regolari, supervisione continuativa).

LAVORO SUBORDINATO: TUTTI I CONTRATTI

1.TEMPO INDETERMINATO

Il contratto a tempo indeterminato rappresenta la forma ordinaria e più stabile di rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di un accordo tra lavoratore e datore di lavoro nel quale il primo si impegna a svolgere un’attività lavorativa in cambio di una retribuzione, senza una scadenza prestabilita, cioè senza vincolo di durata. Questa tipologia contrattuale è considerata la forma standard per le assunzioni.

Forma e contenuti essenziali

Il contratto deve essere redatto in forma scritta e contenere tutte le informazioni principali riguardanti il rapporto di lavoro. In particolare, è necessario specificare:

  • La mansione, ovvero le attività che il lavoratore è tenuto a svolgere;
  • L’inquadramento, ossia il livello e la qualifica professionale attribuita al dipendente;
  • La data di inizio del rapporto di lavoro;
  • L’eventuale durata del periodo di prova, durante il quale entrambe le parti possono valutare la convenienza del rapporto lavorativo;
  • L’importo della retribuzione iniziale, con i relativi elementi costitutivi e l’indicazione del periodo di pagamento;
  • Il luogo e l’orario di lavoro;
  • I giorni di ferie e le ore di permesso;
  • I termini di preavviso da rispettare in caso di interruzione del rapporto.

Il periodo di prova, che consente ad entrambe le parti di verificare la reciproca soddisfazione, è solitamente regolato dai contratti collettivi e non può superare la durata massima di sei mesi prevista dalla legge.

Recesso dal contratto

Il recesso da un contratto a tempo indeterminato deve avvenire in forma scritta e può avvenire per diverse vie:

  • Dimissioni volontarie da parte del lavoratore, che non è tenuto a fornire una motivazione specifica;
  • Licenziamento da parte del datore di lavoro, che però può intervenire solo in presenza di specifiche condizioni.

In particolare, il datore di lavoro può licenziare:

  • Per giusta causa, quando si verificano comportamenti gravi da parte del lavoratore tali da compromettere il normale svolgimento dell’attività lavorativa;
  • Per giustificato motivo oggettivo, legato a esigenze aziendali, produttive o organizzative;
  • Per giustificato motivo soggettivo, relativo a inadempienze contrattuali del dipendente, meno gravi della giusta causa.

Sia nel caso di dimissioni, sia nel caso di licenziamento (salvo in presenza di giusta causa), è previsto l’obbligo di preavviso, le cui modalità e durata sono anch’esse disciplinate dalla normativa o dai contratti collettivi applicabili.

2.CONTRATTO A TERMINE

Il contratto a tempo determinato, anche detto contratto a termine, è una forma di rapporto di lavoro subordinato in cui viene stabilita una durata predeterminata fin dall’inizio. A differenza del contratto a tempo indeterminato, in questo caso è previsto un termine finale, cioè una data di scadenza del rapporto.

La durata ordinaria di un contratto a termine non può superare i 12 mesi. Tuttavia, la legge consente una proroga fino a un massimo di 24 mesi, ma solo se sussiste almeno una delle seguenti condizioni:

  • Esigenze temporanee e oggettive, che non rientrano nell’attività ordinaria dell’azienda;
  • Esigenze di sostituzione di altri lavoratori assenti (ad esempio per maternità, malattia o aspettativa);
  • Incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria, come può accadere nei periodi di picco produttivo.

È inoltre prevista la possibilità, in deroga ai limiti normali, di stipulare un ulteriore contratto a termine della durata massima di 12 mesi, anche tra le stesse parti, ma solo a condizione che tale contratto venga sottoscritto presso la sede territoriale competente dell’Ispettorato del lavoro. Questa procedura è nota come deroga assistita.

Se il rapporto di lavoro supera i 12 mesi senza il rispetto delle condizioni richieste per estenderlo, oppure oltrepassa comunque il limite massimo di 24 mesi, il contratto si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato, a partire dalla data di superamento del termine.

3.CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE

Il contratto di somministrazione di lavoro è una particolare forma di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti: il lavoratore, l’agenzia per il lavoro (detta anche somministratore)

e l’azienda utilizzatrice, cioè l’impresa presso la quale il lavoratore svolge concretamente la propria attività.

A differenza del contratto di lavoro tradizionale, che si basa su un rapporto diretto tra datore di lavoro e lavoratore, nella somministrazione il rapporto di lavoro viene formalmente stipulato tra il lavoratore e l’agenzia, mentre il lavoratore presta effettivamente la sua attività per conto dell’azienda cliente dell’agenzia stessa.

Questo sistema consente alle imprese di reperire forza lavoro in modo flessibile, affidandosi a soggetti specializzati nel reclutamento e nella gestione amministrativa del personale.

Caratteristiche principali

Il lavoratore in somministrazione gode degli stessi diritti e tutele previsti per i dipendenti diretti dell’azienda utilizzatrice, sia in termini di retribuzione, che di orario, ferie, malattia, maternità, sicurezza sul lavoro, ecc.

Le agenzie per il lavoro che svolgono attività di somministrazione devono essere autorizzate dal Ministero del Lavoro. Solo queste possono stipulare regolarmente contratti di somministrazione, che possono essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, a seconda delle esigenze.

Somministrazione a tempo determinato

In questo caso, il contratto ha una scadenza stabilita fin dall’inizio. È pensato per rispondere a esigenze temporanee delle aziende, come picchi di lavoro stagionali, sostituzioni di personale assente o progetti di breve durata.

Come per i normali contratti a termine, anche qui esistono dei limiti di durata e di rinnovo: la missione presso la stessa azienda per la stessa mansione non può superare complessivamente i 24 mesi, salvo specifiche eccezioni.

Somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing)

Nel caso della somministrazione a tempo indeterminato, il lavoratore firma un contratto senza scadenza con l’agenzia. Viene poi inviato in missioni anche temporanee presso diverse aziende.

Tra una missione e l’altra, il lavoratore resta alle dipendenze dell’agenzia, che ha l’obbligo di ricollocarlo o di riconoscergli un’indennità di disponibilità. Questa forma offre maggiore continuità lavorativa, pur mantenendo un alto livello di flessibilità per le imprese.

Differenze principali tra le due forme

La differenza sostanziale tra le due versioni del contratto di somministrazione riguarda la durata del rapporto con l’agenzia:

Nella somministrazione a termine, il rapporto tra lavoratore e agenzia è limitato alla durata della missione;

Nella somministrazione a tempo indeterminato, il lavoratore rimane assunto anche tra una missione e l’altra, con maggiore tutela e stabilità.

4.CONTRATTO INTERMITTENTE

Il contratto di lavoro intermittente, conosciuto anche come lavoro a chiamata, è una tipologia contrattuale che consente al datore di lavoro di impiegare un lavoratore solo quando ne ha effettiva necessità, senza vincolarsi a una prestazione continuativa. Si tratta di un rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, ma con caratteristiche di forte flessibilità sia per l’azienda che per il lavoratore.

In questo tipo di contratto, la prestazione non è costante: il lavoratore viene “chiamato” a lavorare in base alle esigenze dell’impresa. È una soluzione pensata per far fronte ad attività che, per loro natura, si svolgono in modo discontinuo o saltuario, come accade, ad esempio, in settori stagionali, eventi, spettacoli o picchi di attività non prevedibili.

Il contratto può essere stipulato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, ma è sempre necessario che venga redatto in forma scritta. Deve contenere informazioni precise sulla mansione, sulla durata (quando prevista), sul luogo e sull’orario di lavoro, oltre al trattamento economico e alle modalità della chiamata.

Il ricorso a questo tipo di contratto non è libero, ma ammesso solo in determinati casi previsti dalla normativa. È consentito per le attività espressamente individuate come “intermittenti” oppure in relazione all’età del lavoratore: può infatti essere utilizzato con chi ha meno di 24 anni (fino al giorno del compimento del venticinquesimo anno) o con chi ha più di 55 anni, a prescindere dal tipo di attività svolta.

Una particolarità del lavoro intermittente è la possibilità per il datore di lavoro di stabilire, se lo desidera, un periodo di disponibilità, durante il quale il lavoratore si impegna a rispondere sempre alla chiamata. In questo caso, il lavoratore riceve una indennità di disponibilità, cioè una somma aggiuntiva che gli viene corrisposta anche nei periodi in cui non lavora, come compenso per la reperibilità. Tuttavia, se si rifiuta di rispondere alla chiamata senza un giustificato motivo, può perdere il diritto a questa indennità o incorrere in sanzioni. Al contrario, se non è stato previsto alcun obbligo di disponibilità, il lavoratore è libero di accettare o meno la convocazione.

Anche in questo tipo di contratto, il lavoratore ha diritto a tutte le principali tutele del lavoro subordinato, come il trattamento retributivo proporzionato alle ore effettivamente lavorate, il riconoscimento dei contributi previdenziali, la maturazione delle ferie e del trattamento di fine rapporto, oltre alla tutela in materia di salute e sicurezza.

Un aspetto importante da ricordare è che, ogni volta che il lavoratore viene chiamato a prestare la propria attività, il datore di lavoro è tenuto a effettuare una comunicazione preventiva al Ministero del Lavoro, indicando data e durata della prestazione. La mancata comunicazione comporta sanzioni.

In sintesi, il contratto di lavoro intermittente è una formula che unisce la subordinazione alla discontinuità, permettendo di rispondere a bisogni occupazionali temporanei in maniera regolare. È utile per aziende che operano in settori con richiesta variabile di personale, ma deve essere utilizzato nel rispetto di regole ben precise, per evitare abusi e garantire al lavoratore un trattamento equo.

5.APPRENDISTATO

Il contratto di apprendistato è una particolare tipologia contrattuale introdotta dal diritto del lavoro italiano con l’obiettivo di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, garantendo loro contemporaneamente formazione e occupazione. È infatti un contratto a tempo indeterminato che unisce l’attività lavorativa con un percorso formativo strutturato, finalizzato all’acquisizione di competenze professionali specifiche.

Tipologie di contratto di apprendistato

In Italia esistono diverse tipologie di contratto di apprendistato, ciascuna con caratteristiche e finalità specifiche:

  1. Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale
    Destinato ai giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, permette di conseguire una qualifica professionale riconosciuta o un diploma di istruzione professionale. Ha una durata minima prevista dalla normativa regionale, che varia a seconda del percorso formativo. Questo tipo di contratto integra la formazione scolastica e quella sul lavoro.
  2. Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere
    Riservato ai giovani tra i 18 e i 29 anni (per alcuni casi fino ai 25), consente di acquisire una qualifica professionale specifica attraverso un percorso formativo che si svolge direttamente in azienda. La durata minima è di 6 mesi e la massima varia in base al tipo di attività e alla contrattazione collettiva.
  3. Apprendistato di alta formazione e ricerca
    Destinato ai giovani tra i 18 e i 29 anni, è finalizzato al conseguimento di titoli di studio di livello universitario, master, dottorati di ricerca o esperienze di alta formazione. Può essere utilizzato anche per tirocini di alta formazione e prevede un percorso formativo molto specifico e qualificato.

Caratteristiche principali del contratto di apprendistato

  • Durata: la durata varia in base al tipo di apprendistato e all’obiettivo formativo, ma solitamente non può essere inferiore ai 6 mesi né superiore a 3 o 5 anni, in base alla qualifica da conseguire e alla normativa vigente.
  • Formazione: è obbligatoria una parte di formazione teorica e pratica, che può essere erogata dall’azienda stessa o da enti esterni riconosciuti. La formazione deve essere documentata e rappresenta un elemento essenziale del contratto.
  • Retribuzione: È possibile inquadrare il lavoratore con un livello fino a due gradi inferiori rispetto a quello previsto dal contratto collettivo nazionale applicabile, oppure, in alternativa, definire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale, commisurata alla sua anzianità di servizio.
  • Diritti e tutele: l’apprendista gode delle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati, inclusa la tutela contro i licenziamenti ingiustificati, la contribuzione previdenziale e assistenziale completa, e la possibilità di essere assunto a tempo indeterminato al termine del percorso.
  • Obblighi dell’azienda: l’impresa è tenuta a garantire l’effettiva erogazione della formazione, a rispettare la durata minima prevista, e a iscrivere l’apprendista agli enti previdenziali con la corretta qualifica.

Vantaggi del contratto di apprendistato

  • Per il lavoratore: rappresenta un’opportunità per entrare nel mondo del lavoro con un supporto formativo strutturato, migliorando così le proprie competenze e possibilità di occupazione stabile.
  • Per l’azienda: permette di formare giovani risorse in linea con le proprie esigenze professionali, usufruendo spesso di agevolazioni contributive e fiscali previste dalla legge.

Aspetti normativi e contributivi

Il contratto di apprendistato è disciplinato dal Decreto Legislativo n. 81/2015 (Jobs Act) e successive modifiche, oltre che dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) che regolano dettagli specifici come la durata della formazione e la retribuzione.

Dal punto di vista contributivo, le aziende che assumono apprendisti godono di riduzioni importanti sui contributi previdenziali, in funzione anche della dimensione dell’impresa e del numero di apprendisti assunti.